Settimana scorsa ho iniziato a introdurre la filosofia tantrica non duale, partendo dal primo principio secondo il quale la Coscienza suprema ha due aspetti che formano un unicum, Shiva, l'aspetto immobile, la quiete e Shakti, l'energia che crea. Da questa pulsazione di espansione e contrazione e da uno stato di estrema libertà, la Coscienza senza forma, decide deliberatamente di manifestarsi, contraendosi fino a diventare tutto ciò che ci circonda, e noi stessi. Questo processo di manifestazione si articola in tre parte, tre poteri fondamentali che sono anche alla base della pratica Yoga, in particolare dell'Anusara Yoga: sadashiva/icchā, Ishvara/jñāna e suddha vidya/kriyā.
Ma vediamoli nel dettaglio:
- Sadashiva - Icchā -> Attitudine - Cuore "I sono questo"
Iccha è la volontà, la scelta primordiale, il senso di meraviglia e mistero prima dell'attività di manifestazione, l'intenzione che mettiamo in quello che vogliamo fare. Nello Yoga rappresenta la volontà di fare esperienza dell'unione di mente, corpo e cuore, abbracciando la vera natura più profonda. Gli obiettivi più significativi nella pratica sono infatti conoscere sé stesso e riconoscere quell'essenza divina in ognuno di noi.
Iccha risponde alla domanda filosofica: Perchè?
E' quindi il primo momento di sensibilizzazione, quando iniziamo a sentire emergere il desiderio, la volontà in noi stessi.
Per me è il desiderio di sentire il corpo fisico e da quello risalire verso strati dell'esistenza più sottili, è il desiderio di fare esperienza sul tappetino di quel momento in cui quasi magicamente mi sento allineata e presente, è la volontà di condividere ciò che mi è stato donato con amore e rispetto.
- Ishvara - Jñāna -> Allineamento - Mente "Questo sono io"
Jñāna è la conoscenza, il potere dell'identificazione, la metodologia tecnica. La conoscenza usata come strumento per allineare il corpo, fisico ed energetico, e la mente con la natura; ciò non significa correggere ma permettere un'azione consapevole attraverso un'integrazione delle parti.
Jñāna risponde alla domanda filosofica: Come?
Per me significa avere tutti gli strumenti per poter agire, formarmi sia sui libri, sia con l'esperienza della pratica stessa. Capire come mobilitare le risorse per arrivare al contatto pieno.
- Shuddhavidya - Kriyā -> Azione - Corpo "Questo e Io"
Kriyā è il fare, l'azione concreta della manifestazione e l'espressione di ciò che è. L'azione dell'asana sul tappetino e di ciò che facciamo nella vita è un'offerta spontanea della nostra volontà di connettersi, usando strumenti e capacità sempre più raffinate.
Kriyā risponde alla domanda filosofica: Che cosa?
Per me kriyā non solo eseguire una sequenza di posizioni sul tappetino ma manifestare quella volontà profonda e soprattutto portare lo yoga nella vita quotidiana.
Questo processo di manifestazione può essere così riassunto ed esemplificato:
Icchā è la volontà di aprire una porta per fare esperienza di quella libertà infinita. Jñāna è la conoscenza di come girare la chiave nella serratura. Kriyā è l'atto di girare la chiave.
Sul tappetino, tutte le posizioni sono infuse di una profonda attitudine (icchā), che nasce all’interno del sé, dal cuore, e che sostiene la pratica. Poi, attraverso la conoscenza (Jñāna), il corpo viene allineato cosicché quella volontà possa essere espressa pienamente tramite l’azione (kriyā).
Se ci pensi bene, ogni azione nella vita segue esattamente questo processo. Talvolta però tendiamo ad accorciarlo e lasciare indietro qualche passaggio. Ecco perché ci sentiamo spaesati o senza gli strumenti per compiere una determinata azione o prendere una decisione. Ecco, in quei casi, prova a fare un passettino indietro, osserva senza giudizio annotando se manca qualcosa e cosa manca. Da lì parti nel tuo viaggio...
... e buon viaggio!
Con amore,
Laura
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