Il termine greco Aletheia viene spesso tradotto con "verità". In realtà, etimologicamente il prefisso alfa, con funzione privativa, precede la radice lath che significa dimenticare. Alètheia indica quindi qualcosa che non è più nascosto, che non è stato dimenticato. Si presuppone così che quel qualcosa si sempre stato presente, a prescindere dalla sua connotazione giusta o sbagliata. La filosofia tantrica dello shivaismo del Kashmir, si fonda sul concetto di non-duale. Non vi è una netta distinzione tra
giusto-sbagliato, luce-ombra, ma una danza continua che permetta all'una di esistere solo grazie alla presenza dell'altra parte.
Il "vero" per il greco, così come per la filosofia yogica, è qualcosa che non ha più in sé qualcos'altro, ovvero la velatezza di cui si è liberato. La verità è quindi non aderenza o conformità a qualcosa. Questo velo, definito dalla tradizione indiana "Maya" non è che un'illusione che copre la vera essenza. Immaginate un vero e proprio telo che copre uno scrigno prezioso. Il percorso da seguire per ritrovare il vero è farne esperienza nel suo nascondersi, nella sua velatezza per poi tentare di dissiparla affinché si riveli. Maya è uno strumento, un meccanismo con il quale l'energia o coscienza suprema si è contratta per diventare individuo, come un prisma che non fa altro che riflettere un singolo fascio di luce in infiniti fasci. Questo meccanismo rivela che ogni singolo individuo è coscienza suprema stessa.
“La natura ama nascondersi”, afferma il filosofo tedesco Heidegger, "il compito dei sapienti è portare alla luce l’essere".
Il viaggio per ritornare a quello stato di completezza, beatitudine e infinità, non è altro che togliere. Ebbene sì, non serve aggiungere capacità, cercare all'esterno, continuare a inseguire qualcosa o qualcuno. Il percorso è inverso ed è molto semplice: togliere per sentire, togliere per prosperare, togliere per ritrovare quell'essenza. Ma attenzione, come una volta mi disse un mio maestro: "è semplice ma non facile", richiede sforzo personale e volontà di mettersi a nudo, con tutti i "rischi" del caso.
In un momento storico come quello in cui stiamo vivendo, in cui siamo chiamati al distanziamento e al silenzio, perché non sfruttare questo tempo per tornare a un'ecologia del linguaggio, a un'essenzialità nel vivere, permettersi nel nostro spazio di lasciar cadere barriere e maschere per riappropriarci del nostro vero potenziale?
E ricorda... inciampare è segnale di potenziale!
Per iniziare a fare esperienza di quanto detto, ti propongo questa breve meditazione.
Prenditi il tempo e lo spazio, creando il contesto che preferisci. Porta l'attenzione al respiro, usalo come ancoraggio per lasciare che i pensieri passino sullo sfondo, lasciando così spazio al corpo, al respiro stesso e al cuore di emergere in primo piano.
Porta la consapevolezza al cuore, visualizzando un diamante al centro del petto. Un diamante impolverato da strati e strati di polvere. Con il respiro, visualizza ogni singolo granello di polvere che cade verso il basso. Ci vuole tempo e amore, costanza e dedizione per riuscire a dissipare tutti quegli strati di polvere, ma improvvisamente, con stupore e meraviglia, vedi un raggio di luce rompere quello strato e illuminare intorno. Così, il diamante inizia a intravedersi, fino a illuminare totalmente il tuo cuore e la stanza intorno del tuo colore preferito.
Sei tu, quel diamante sei tu. La polvere è tutto ciò che ci siamo messi addosso con il tempo. Ma tu sei lì!
Buon viaggio.
Con amore,
Laura
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